Il mito dei prodotti integrali
Spesso gli spot pubblicitari ci propongono la naturalità e la genuinità dei prodotti "integrali".
Ma quanto c’è di integrale in un prodotto dichiarato come tale?
Tra i consigli più diffusi in tema di Nutrizione vi è sicuramente quello di tornare ad una alimentazione integrale, come veniva consumata dai nostri avi.
L’integrale rappresenta la genuinità, la tradizione e la naturalità del prodotto da forno, che sia pane o pasta, che siano biscotti o altri dolci. Così spesso ci viene proposto dalle immagini dei cibi confezionati o dagli spot pubblicitari.
Ma quanto c’è di integrale in un prodotto dichiarato come "integrale"?
Girando con la lente di ingrandimento tra gli scaffali di qualunque grande supermercato, potremmo imbatterci in delle sorprese che dovrebbero farci aprire gli occhi ed aguzzare la nostra capacità di scelta come consumatori.
Infatti, la maggior parte dei cibi a base di farina integrale in realtà è prodotto con miscele di farina bianca e crusca in varie percentuali. In pratica, piuttosto che utilizzare la farina integrale, buona parte delle aziende alimentari preferisce che negli sfarinati vi sia farina precedentemente raffinata e poi rimescolata con la crusca, che la stessa raffinazione aveva separato. Apparentemente, sembrerebbe una contraddizione ed uno spreco di energie, invece, questo metodo di produzione è giustificato da una maggiore lavorabilità della farina bianca, da un basso costo della stessa e da un maggiore accordo con il gusto di quasi tutti i consumatori.
MODA O SALUTE?
Di conseguenza, a queste condizioni, i tanto agognati benefici attesi dal consumo di prodotti integrali viene meno; l’indice glicemico di questi prodotti “travestiti” da integrale è simile a quello degli equivalenti con farina bianca, così anche il picco glicemico ed insulinemico è paragonabile.
La vera farina integrale, macinata a pietra, come veniva consumata dai nostri nonni, prima che si ampliasse il mercato del food e che l’industria alimentare prendesse sempre più piede, presenta dei vantaggi ineguagliabili rispetto alla farina bianca; numerosi studi sostengono che il dilagare di patologie come diabete e dislipidemie dipenda proprio dall’aver convertito, dalla metà del secolo scorso, la dieta mediterranea (costituita alle sue basi da prodotti integrali) in una dieta più artefatta, in cui la farina bianca ha soppiantato l’integrale, perchè dall’aspetto più raffinato e più manegevole nei processi di trasformazione dei prodotti da forno.
In questo modo però si è persa l’azione dell’integrale nel rallentare l’assorbimento glicidico, portando a picchi insulinemici frequenti che, nel tempo, portano ad insulino-resistenza, condizione molto diffusa nella popolazione moderna, spesso misconosciuta, che porta allo sviluppo di diabete mellito di tipo 2.
Inoltre, spesso, come accade per i prodotti light, si tende a consumarne in un quantitativo maggiore, nella convinzione che siano prodotti ipocalorici, salutistici, in virtù della loro genuinità.
La verità è che al sapore tipico della vera farina integrale non siamo più abituati e, vuoi per seguire i consigli medici, vuoi per assecondare delle mode emergenti, andiamo alla ricerca dell’integrale ma non abbiamo il palato educato ad apprezzarne quello vero. Così, l’industria alimentare si adegua; ha creato negli ultimi anni una nuova forma di integrale, data dal mescolamento di farine bianche tipo 0 e 00 con residui di crusca e cruschello per conferire l’aspetto rustico e il colore scuro tipico dell’integrale.
LA “VERA” FARINA INTEGRALE
La farina è il prodotto della macinazione di cereali (grano, farro, avena, ecc.) o altri prodotti, ad esempio legumi (farina di ceci). Comunemente, con il termine farina si intende il prodotto derivato dal grano tenero. Per capire le differenze tra una farina integrale e una raffinata è bene aver chiaro da cosa è composto un chicco di grano. Esso è costituito da una parte esterna (crusca) che riveste il germe, che rappresenta l’area vitale del chicco ossia l’embrione da cui nascerebbe una nuova piantina di grano, se mettessimo il chicco a contatto con terra e acqua; contiene vitamine, soprattutto del gruppo B, e minerali. Protetto dalla crusca vi è anche l’endosperma, la parte del chicco in cui è immagazzinata energia, sotto forma di amido e sono presenti proteine del glutine.
La “vera” farina integrale è data dalla macinazione a pietra del chicco di grano, solamente setacciato; appare di un colore uniformemente bruno-perlaceo conservando tutte le componenti nutrizionali del grano, come gli acidi grassi insaturi, le vitamine, gli oligoelementi e gli enzimi necessari a rendere più digeribile la farina stessa.
La farina integrale più diffusa in vendita, invece, è una mescolanza di elementi. La normativa consente questo mescolamento, la legge 187 del 9 Febbraio 2011 parla chiaro: l’integrale deve avere una percentuale di ceneri (sali minerali) compresa tra 1,3 e 1,7 per cento per sostanza secca. Le farine più raffinate hanno una percentuale di ceneri molto bassa, ma, secondo normativa, per rientrare nella categoria “farine integrali” è sufficiente rimescolare crusca in quantità tale da raggiungere i livelli di ceneri. Quindi ritroviamo sulle nostre tavole prodotti “integrali” che appaiono alla vista dal colore non uniformemente scuro, ossia con evidenti residui di crusca nel contesto di un impasto chiaro, soffice e gradevole al palato.
CLASSIFICAZIONE DELLE FARINE
La farina di grano tenero si può suddividere a seconda del cosiddetto grado di abburattamento, ovvero la quantità di farina ottenuta macinando 100kg di materia prima. Un basso grado di abburattamento (70% - 75%) indica una farina più pura. Più alto sarà il contenuto di crusca, meno pura sarà la farina e più alto sarà il grado di abburattamento. Si avrà quindi la seguente classificazione:
- Farina 00: viene eliminato il germe ( ricco di aminoacidi, vitamine e sali minerali) e la crusca, un concentrato di fibre. Ciò che rimane è l’amido e il glutine
- Farina 0: è il primo grado di raffinazione che provoca una perdita sostanziale di fibre e nutrienti
- Farina 1: è meno raffinata, vi è una buona percentuale di fibre.
- Farina 2: è conosciuta come “farina semi-integrale”, il contenuto nutrizionale è accettabile e rappresenta un giusto compromesso tra gusto e salute
- Farina integrale: è la farina non raffinata, in cui compaiono tutte le parti del chicco. Spesso è macinata a pietra, quindi senza subire surriscaldamenti, conserva tutti i principi nutritivi del grano (o degli altri cereali da cui deriva)
Dunque è ben chiaro ora che la farina bianca e la farina integrale sono due prodotti considerevolmente diversi, soprattutto dal punto di vista nutrizionale. La farina integrale conserva i tre elementi essenziali del chicco di cereale (crusca, germe ed endosperma) mentre la farina bianca perde completamente l’apporto nutrizionale del germe e della crusca, rimanendo un concentrato di amido e glutine.
Non stupisce allora che patologie, un tempo considerate rare, come la celiachia, oggi sono così diffuse nella popolazione: fino all’avvento della farina raffinata (anni ‘50-‘60) il quantitativo di glutine in un Kg di farina era in equilibrio con i restanti elementi nutritivi, oggi invece in un Kg di farina bianca vi è una concentrazione di glutine tale da scatenare forme infiammatorie intestinali gravi, che si manifestano, poi, sotto forma di intolleranze alimentari croniche.
Leggere le informazioni riportate sulla confezione è l’unico e più efficace strumento di scelta da parte del consumatore: il modo migliore per capire se siamo di fronte ad un “vero” integrale è leggere le etichette, armati di pazienza, tempo, consapevolezza e, se necessario, degli occhiali.
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Note sull'autore
Dott.ssa Silvia Barrucco
Medico Chirurgo Nutrizionista
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